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Albertism – Ruggine

La definizione di quello che si è passa attraverso l’esperienza, filtrata dalle tempistiche che l’hanno creata, impressa sulla pelle dei luoghi che l’hanno accolta. Agire – anche per il tramite di un linguaggio visivo – vuol dire esporsi in prima persona con la narrazione del proprio vissuto, che si sintetizza nell’istantaneità delle immagini, ma che sottende tutto un mondo costruito sulle esplorazioni, sugli incontri e sulle interazioni.

L’universo di Albertism, in cui confluisce l’elemento esperienziale e si va a fondere con l’elaborazione artistica, si sostanzia in un’emersione del momento, strettamente collegato al ricordo. Il vivere (oltre che operare) da writer nella composita realtà della ferrovia, dove il suo segno si è andato a mescolare a quello di altri contribuendo alla naturale stratificazione di simboli e di racconti, lo ha spinto a tracciare le linee della propria memoria per poi trasportarle in un altro ambito, concettuale oltre che fisico.

I luoghi perlustrati, che si caratterizzano per un vero e proprio processo di fossilizzazione, sono gli stessi in cui Albertism ha lasciato il proprio segno estemporaneo, tag o graffito veloce, fuori dagli schemi e dalle regole; un atto che nasce dalla ribellione, ma che ben presto diventa un contributo alla storia di quegli spazi e, contemporaneamente, una dichiarazione orgogliosa di appartenenza.

È un sentirsi parte di qualcosa che si alimenta attraverso la sua rappresentazione, finalizzata all’espressione non solo della realtà oggettiva, ma anche del suo mutare con lo scorrere del tempo. Allora, le forme delineate su supporti casuali e raccolti in loco, come sezioni di binario o cartelli ferroviari, oppure sugli stessi “ferri del mestiere”, gli spray, finiscono per raccontare attimi irripetibili, molto spesso immortalati dagli scatti fotografici, che hanno contribuito a una crescita personale.

Le incisioni sulla superficie interna in latta stagnata delle bombolette, che fanno affiorare le storie dal colore residuo così come gli interventi sui muri o sulle fiancate dei treni, sono per Albertism la maniera di esplicitare senza ulteriori filtri questo proposito di narrazione. E, contestualmente, si configurano come il modo più diretto per definire “l’arte della Natura”, che interviene sulla materia (metallo, legno, pietra, cemento) per trasformarla, imponendo dinamiche evolutive che vanno solamente assecondate, mai contrastate.

Nell’ossidazione del supporto, che si ricollega a quella del colore, Albertism ha scoperto il nesso per collegare due periodi fondamentali della sua vita. Nella fragilità del gesto artistico, ha rintracciato la forma più autentica per raffigurare se stesso anche in un ambiente differente, seppur liminare. Per trasmettere il valore del gesto e per creare un ponte tra due dimensioni, tra l’outdoor urbano e l’indoor dello spazio espositivo, con la volontà di comunicare l’immediatezza dell’istante, racchiusa nella sua ruggine.

Nicola Zito